Metafore di Mediazione


La bella canzone di Caterina Caselli proposta nel post "Insieme a te non ci sto più", rappresenta un'efficace metafora capace di spiegare, meglio di tanti copiosi libercoli, cos'è la mediazione e quali sono i suoi intenti.

Questi modi altri di dire "mediazione" sono forse lo strumento più efficace che il mediatore può utilizzare nel suo percorso di accompagnamento delle parti da una relazione centrata sulla competitività, in cui regna un conflitto più o meno distruttivo, a una relazione centrata sulla cooperazione, in cui il conflitto ci prova a farsi costruttivo.

Proponendo immagini e suggestioni più vicine alle formule generative della poesia che a quelle di un, pur doveroso, economato, il mediatore bypassa l'area strettamente razionale che troppo spesso governa e soverchia le nostre vite, per animare l'area dell'istinto, dell'irrazionalità, dell'empatia, che, più di quanto si sappia o creda, rappresenta uno dei motori fondamentali nei processi decisionali. Si genera, cosi, quella condizione in cui la mente, anziché prediligere la direzione della logica, entra in uno stato transitorio, teso tra due opposte direzioni, il cui equilibrio instabile influenza, al tempo stesso, l'emozione e il pensiero.

E' in questo instabile equilibrio tra raziocinio e irraziocinio che è possibile incidere su quei fattori che portano al passaggio dalla competizione alla cooperazione: 
riconoscimento del conflitto improduttivo, disponibilità all'ascolto, ristrutturazione della comunicazione, superamento del "è colpa tua” e approdo al “perché è successo”, passaggio da una relazione focalizzata su un'economia di mercato a una relazione che dapprima accetti di abbracciare un'economia del baratto per poi provare a sperimentare una economia del dono, costruzione di un amore diverso.

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