La giusta distanza


Arthur Schopenhauer, nel suo “Parerga e paralipomena”, racconta la breve storiella di due porcospini che s'incontrano in un giorno d'inverno. Fa molto freddo e i due, per evitare di morire assiderati, decidono di accoccolarsi l'uno all'altro ma, appena ci provano, le spine che contornano i loro corpi ecco che producono un tale dolore da costringerli ad allontanarsi. Tuttavia, sta arrivando la notte, il freddo aumenta, e il bisogno di scaldarsi li porta nuovamente a cercare ognuno il calore dell'altro. Questa volta il dolore è così intenso, che i due fanno un balzo all'indietro, ma non demordono. Ci riprovano: ancora e ancora e, piano piano, trovano una distanza adeguata: la migliore, affinché dolore e piacere siano sufficientemente commisurati in una giusta dose di ben-essere.

Ecco una bella metafora del lavoro del mediatore familiare: aiutare la coppia in crisi a trovare la giusta distanza affinché dolore e piacere siano sufficientemente commisurati in una giusta dose di ben-essere.

L'uomo è un animale sociale, ma vivere con l'Altro non è mai cosa semplice, anzi. 
L'Altro è altro da me, ed è solo accettando che l'Altro mi alteri, mi comprometta, mi metta in discussione, che posso riuscire a convivere con lui e fare, d'ogni nostro incontro, un'occasione in cui la distanza tra me e l'Altro diventa percorso e pretesto per crescere, per divenire ciò che non sono.

Quando questo non accade più, ecco arrivare la crisi. E' allora che interviene il mediatore familiare, con l'obiettivo non di separare, come vorrebbero alcuni inutili dogmi della teoria della mediazione, bensì col proposito di aiutare la parti a trovare una nuova distanza differente da quella coniugale; la giusta distanza affinché dolore e piacere siano sufficientemente commisurati in una giusta dose di ben-essere.

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