Certo, poi, nella pragmatica della vita quotidiana si muovono giochi di relazione che, come ci hanno insegnato Watzlavich e Co., si alternano tra simmetricità e complementarietà.
Molto sinteticamente, nelle interazioni simmetriche, entrambi i partner tenderanno a porsi al medesimo livello, considerandosi uguali e confermandosi reciprocamente; mentre nelle interazioni complementari il comportamento di uno dei partner tenderà a differenziarsi, assumendo una posizione di superiorità (one-up) o di inferiorità (one-down) -ne accennavamo giá nel post "L'Altro come maestro".
Molto sinteticamente, nelle interazioni simmetriche, entrambi i partner tenderanno a porsi al medesimo livello, considerandosi uguali e confermandosi reciprocamente; mentre nelle interazioni complementari il comportamento di uno dei partner tenderà a differenziarsi, assumendo una posizione di superiorità (one-up) o di inferiorità (one-down) -ne accennavamo giá nel post "L'Altro come maestro".
Entrambe queste modalità di interagire con l'Altro della coppia, non sono da considerarsi di per sé negative o positive, divengono critiche, e talora anche patologiche, laddove si cristallizzano ripetendosi pedissequamente, laddove irrigidiscono i ruoli dei partner perdendo la capacità di accettare la posizione dell'altro, laddove faticano ad adattarsi e ridefinirsi situazione per situazione, dando così corpo ad una benefica interscambiabilità dei ruoli.
Al fondo di queste dinamiche, diremmo "naturali", devono dunque necessariamente vigere alcune regole attraverso le quali simmetricità e complementarità (o, più genericamente, le diverse maschere in cui si nasconde un possibile conflitto distruttivo) possano essere affrontanti e gestiti costruttivamente. Quali sono queste regole di base?
Be', anzitutto, accettare il conflitto. Accettate il fatto che io e te, nonostante il nostro amore, siamo e rimarremo (per fortuna) diversi e che, quindi, abbiamo di fondo esigenze e modi di intendere il mondo diversi, sulle quali è necessario di volta in volta trovare un accordo per andare d'accordo.
Poi, visto che confliggere è naturale e inevitabile (come descrivevamo nel post "Il gioco dell'amore: confliggere"), fare in modo che tale conflitto serva a qualcosa, lavorare affinché produca qualcosa di positivo, anziché abbandonarsi al suo volgere negativo, insomma: fare in modo che ogni sana discussione sia occasione di crescita per entrambi e per la coppia.
Affinché questo avvenga sarà allora fondamentale abbandonare l'idea del conflitto come sfida in cui qualcuno vince e qualcuno perde, per abbracciare l'idea del conflitto come occasione in cui -appunto- vincere entrambi, che non significa seppellire le proprie convinzioni e rimettersi supinamente alle ragioni dell'Altro, bensì imparare ad ascoltare accettando la verità dell'Altro e lavorare insieme per costruire una verità terza che ci contempli entrambi e in cui risiedono tutti i margini della nostra crescita personale e di coppia ossia, in una parola più volte citata in questo blog. il nostro ben-essere.
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