Amore evolutivo


La costante conflittualità in cui giace l'uomo è, dicevamo nel post "Il gioco dell'amore: confliggere", condizione evolutiva di ogni vivente -laddove, ovviamente, questo conflitto sia vissuto costruttivamente.

Nel caso dell'animale umano però, tale condizione si rivela in modo assai particolare, non solo perché egli è il solo in grado di generare un conflitto non evolutivo (distruttivo), ma anche perché ogni uomo diviene tale, costruisce la propria identità, proprio attraverso progressive distinzioni da tutto ciò che è "altro da sé", distinzioni che si consumano affrontando conflitti più o meno grandi con ogni Altro che incontra sul suo cammino (da qui, forse, la tentazione, o l'inciampo, nel conflitto distruttivo: estrema ratio del tentativo di non soccombere all'Altro, perdendo la propria identità).

Ma la particolarità dell'uomo non finisce qui.

Questo conflitto, infatti, assume (o dovrebbe assumere) un aspetto apparentemente paradossale nelle relazioni importanti che l'uomo intrattiene con gli altri suoi simili (specialmente, durante la sua crescita, con quel fondamentale Altro che sono il suoi genitori -biologici o adottivi, poco importa), un aspetto in cui alla necessità del conflitto si affianca la necessità di essere amato (e di amare), entrando così in una relazione profonda in cui il cervello del neonato si sintonizza, per così dire, col cervello di chi si prende cura di lui e, attraverso questa relazione, e più questa relazione è adeguata, ossia bilancia correttamente (si vedano i post sugli stili affettivi: secure love, obsession love, freezer lovestick love) protezione (amore) e distacco (conflitto): cresce, si evolve, matura.

Un gesto che riunisce entrambe queste considerazioni è, ad esempio, la carezza della madre attraverso la quale ella segna (e insegna) sia il proprio amore, sia il confine tra il proprio corpo e quello del neonato, iniziando a determinare quella necessaria distanza che, grazie a tal sano conflitto, porterà il neonato a percepirsi quale soggetto diverso da lei, divenendo autonomo.

Ciò che rende il neonato così bisognoso di questa particolare cura in cui si fondono amore e conflitto, trasformandoli in un'esigenza fondamentale del divenire umano e della sua extraordinaria distinzione dal resto dei viventi, sembrerebbe essere legato al fatto che, più di qualsiasi altro primate, l'uomo nasce prematuro: non cammina, anzi, di fatto non è in grado di muoversi se non sgambettando e sbracciandosi sul posto; se non ci fosse la mamma che lo porta al seno morirebbe di fame (e quando inizia a gattonare -6-10 mesi- la cosa non cambia poi più di tanto). 

Ma è soprattutto il suo cervello a compiere una straordinaria crescita extrauterina, per cui alla nascita è pari a circa il 23% del peso che avrà da adulto, peso che raggiungerà in circa vent'anni di vita, di esperienze, di conoscenze, emozioni, conflitti, relazioni che comportano modellamenti e adattamenti in continuo rapporto col mondo esterno e, soprattutto (almeno per i primi anni) con quel mondo esterno che sono il padre e la madre con cui il cucciolo umano sviluppa quella che è stata chiamata una "teoria delle mente", apprende cioè, potremmo dire, ad essere umano, imparando a rappresentare dentro di sé gli stati mentali propri e altrui.

Amore e conflitto si fondono, dunque, fin dalla nascita, quando le esperienze psichiche del bambino sono chiamate a fare i conti con la necessità di adattarsi ad un enorme ridefinizione degli stimoli rispetto all’esperienza intrauterina (conflitto), condizione cui la madre cerca di ovviare attraverso l'offerta del proprio corpo e del proprio calore (amore).

Da qui ha abbrivio lo sviluppo del bambino che lo condurrà alla scoperta dell’Io, arricchendo progressivamente la conoscenza, per così dire, primitiva (influenze genetiche, biologiche, percettive, sensoriali), con la conoscenza relazionale extrasomatica in cui, mano mano, si introduce il distinguo tra ciò che sono io e ciò che è Altro da me, quell'Altro che (a partire dal padre) è il mio limite, il confine contro cui il mio desiderio si scontra partorendo la socializzazione; quell'Altro che, secondo alcune interpretazioni, mi stacca dal seno, da quella rassicurante simbiosi materna che, ripercorrendo costantemente il tragitto tra amore e conflitto, ogni umano cercherà nella sua vita di riconquistare evolvendosi.

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