Aretè: esercizi di virtù


Per declinare la seconda via al ben-essere amoroso, riprendiamone un momento la definizione che nel post "Areté: l'arte del ben-essere" abbiamo provato a con-figurare come "volontà di creare il bene", di stare nella relazione col mondo e con l'Altro mettendo in gioco le nostre migliori abilità per generare qualcosa di bello, per produrre -appunto- ben-essere.

Il linguaggio comune, almeno il nostro italiano, restituisce questa vicinanza tra arte e virtù con l'espressione "virtuoso" in cui si indica qualcuno (spesso un artista, un artigiano, ma non solo) che sa fare bene, molto bene, a regola d'arte -appunto-, qualcosa che normalmente gli altri non sanno fare o fanno peggio.

Ma perché la mano dell'artigiano sa fare "a regola d'arte"? Perché la mano dell’artista è virtuosa? Al di là di tutti gli innatismi, anzitutto perché si esercita: "fa pratica di bene", potremmo dire. Non c'è arte senza esercizio, sperimentazione, fatica, e bene lo sanno artigiani, artisti, attori, poeti e chiunque si sia messo, almeno una volta, alla prova con intenzioni creative.

Secondo questa riflessione, possiamo dunque ulteriormente declinare la virtù come una "abilità a fare bene", l'arte del fare bene, di fare il bene, di procedere verso il bene anziché verso il male, il malfatto che, tuttavia, non è innata, come bene ci insegna la biografia di tanti artigiani e artisti che solo grazie alla loro volontà e alle loro fatiche sono diventati abili a "fare bene".

Non diversamente, dunque, andrebbero coltivati gli amori (fors'anche tutti i rapporti umani): attraverso un assiduo esercitarsi a fare bene che si declina in quel "gioco dell'amore" in cui creatività e volontà si fondono nella sperimentazione e nella fatica dell'incontro con l'Altro-diverso-da-me, entrambi tesi alla ricerca di un bene altrui che non escluda il proprio affinché, insieme, si tracci la strada del ben-essere.

Dobbiamo dunque pensare a questa "pedagogia dell'amore di coppia", come ad un processo pervaso dall'idea dell’amore, inteso come esercizio a fare bene, a farsi del bene, a ricercare il proprio ben-essere, imparando il modo migliore per inventarlo e costruirlo con l'Altro senza cadere nell'errore che tutto ciò possa avvenire per induzione naturale, bensì accogliendo positivamente, come l'artigiano, come l'artista, la fatica dell'esercitarsi insieme a creare opere di ben-essere.

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