Conflitto evolutivo


Dopo la scorpacciata  bowlbiana interrompiamo per qualche post il flusso riflessivo strettamente connesso alle questioni dell'amore (riprenderemo a breve con il post "Amare non basta"), per concentraci sulla mediazione, ossia sulla disciplina che alimenta, seppur con numerose e eretiche varianti, questo mio approccio. 

Approfittiamo, in questo senso, dell'intervista che ho avuto il piacere di rilasciare a MediationHub, un interessante blog nato dall'idea di Jacopo Savi (avvocato, mediatore), dove si raccolgono molteplici testimonianze di professionisti della mediazione che riflettono sulla loro vision e modalità di operare.

Voglio altresì cogliere l'occasione di questa breve interruzione per ringraziare i moltissimi che si sono iscritti a questa newsletter e i tanti che ogni giorno ci vengono a visitare.

Ecco l'intervista...

Intervistatore: Grazie per la disponibilità, mi dici un po’ la tua esperienza e cosa ti ha portato a fare il mediatore? 

M.S.Galli: Il conflitto. Ho lavorato, e ancora lavoro, con e nel conflitto, in presentia e in assentia; con soggetti, gruppi, famiglie in cui il conflitto, nelle loro relazioni, era materia all’ordine del giorno: nella sua veste esplicita e classicamente distruttiva, come nelle sue forme latenti (spesso le peggiori). La mediazione si è rivelata, anzitutto, come una filosofia dove il conflitto sposa o, almeno a mio avviso, dovrebbe sposare, quella dimensione neutra in cui personalmente lo percepisco, cercando di viverlo nella sua veste di promotore evolutivo delle relazioni. 

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