Dai ancora, ancora, e ancora...

Il desiderio, come l'amore (vedi il post "Coniugare l'amore: tempo presente") è dunque, per antonomasia, il luogo dell’immaginazione, dove il sapere razionale tocca il suo limite e l’inganno mette in scena i suoi fantasmi facendoci credere che si possa davvero guadagnare il godimento assoluto (l'Amore). 

È un buco, oltre i cui bordi che ne determinano il perimetro, si affaccia il Reale con i suoi spaventevoli scenari che solo un’immaginazione continuamente immaginante, che sappia alimentare il desiderio senza soddisfarlo, è in grado di contenere e di curare. 

Oltre quel buco c'è invece la pornografia (non a caso così invasiva in questo nostro tempo), ma non la pornografia da intendersi nel senso di immagini o scritti in cui si avvicendano rapporti sessuali espliciti e manifesti. Ma la pornografia quale chimera essa stessa, figura mitica in cui, appunto, è possibile racchiudere tutte quelle situazioni in cui siamo sedotti a credere che quel desiderio di godimento assoluto sia effettivamente raggiungibile.
In questo senso, non solo la pornografia è pornografica, ma la gran parte della realtà contemporanea che ci circonda è pornografica, così come sono pornografici i desideri che suscita -desideri che, semmai, trovano nella pornografia il loro più esplicito monumento, ma che si manifestano in molteplici e variegate forme non consensualmente pornografiche, ma tutte pregne di quel desiderio di felicità aeternam incessantemente stillato nella totalità delle pratiche cui si presta l’uomo post-moderno: dal consumo acritico di ogni genere di merce, attività, emozione, alla gran parte delle relazioni amorose, (coniugali o meno che siano), fino agli infiniti tentativi di rimozione della morte e delle sue appendici... sempre, sempre disperatamente in cerca di qualcosa che sta -appunto- al di là del desiderio, nel campo minato delle pulsioni in cui regna l’eterno ritorno all’uguale e, proprio come nella pornografia, una voce chiede continuamente “Dai, ancora!”.

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