Amare, abbiamo sostenuto nel post che ha preceduto la dedica amorosa alla Festa della Liberazione, è entrare in profonda connessione con l'Altro che amiamo, una connessione che si fa esplicita nell'atto sessuale, ma che da lì deve prorompere per invadere, connessi, le restanti parti della vita quotidiana.
È, infatti, attraverso questa connessione, che la coppia si fa feconda ben oltre la dimensione, seppur sublime, della gravidanza (cui la sessualità, con la sua molteplicità di implicazioni, non è certo riducibile, come già osservavamo nel post "Fecondati ogni volta che ami"). Poiché questo essere fecondi cui l'amore induce, non si arresta al concepimento di un figlio, ma rimanda continuamente ad un'idea più globale di concepimento: un'intimità talmente profonda che, permettendoci di sconfinare, come mai, nel corpo dell'Altro, ci dona la straordinaria occasione di disconoscerci, di uscire da noi stessi per riconoscere quelle parti di noi cui da soli, rinchiusi nel nostro involucro corporeo, non avremmo mai accesso.
Così, profondamente abbandonati nella connessione con l’Altro, ci smarriamo in esso e cresciamo come persone e come coppia, lasciando che ogni connessione, sia o meno sessuale, divenga per noi un evento sempre fecondo, poiché dalla sua placenta siamo noi che ogni volta rinasciamo, se non continuamente rinnovati, certo continuamente predisposti al cambiamento -dipenderà da noi poi se perseguirlo.
Tra le molteplici e straordinarie trasformazioni culturali della natura che l'animale Uomo, unico tra i viventi, è in grado di compiere, anche l'atto sessuale evade dal suo stringente principio biologico di pura riproduzione e di sopravvivenza delle genie, per disporsi invece quale metafora esistenziale di una fecondazione tutta interiore, la possibilità di essere rigenerati nell'incontro profondo con l'Altro a cui donarmi completamente e da cui ricevere un dono capace di farmi nascere nuovo, di cambiarmi, di tras-formarmi -appunto.
Per questo nel sesso la coppia si gioca un passaggio capitale della sua esistenza, non certo perché, a volte, viene meno l'atto sessuale vero e proprio, come una certa facile sessuologia da rotocalco ci vuole spacciare. È in gioco, invece, un passaggio fondamentale nella vita della coppia, proprio sul fraintendimento tra sessualità feconda e sessualità fecondante (potremmo dire), ed è su questo fraintendimento che la coppia rischia di deteriorarsi e di… scoppiare.
Tante sono le coppie (come l'esperienza clinica ci mostra) che, faticando a connettersi veramente e profondamente e quotidianamente, pensano di risolvere questa mancanza (manifesta in forme non sempre decifrabili) cercando di incentivare, artigianalmente o con il supporto di un terapeuta, la loro attività sessuale, come se "fare sesso", fosse sufficiente a connettere veramente e a fecondare veramente il loro amore di coppia e, quindi, quel se stesso che non trova in quell'amore la connessione e la fecondazione che vorrebbe, anzitutto per sé.
Ma l'atto sessuale, se non può essere meccanicamente perseguito come solo scopo di una sessualità fine a sé stessa, non può nemmeno divenire lo scopo della coniugalità se non, in entrambi casi, mettendo a rischio il benessere della coppia e, conseguentemente, della sessualità stessa.
Allo stesso modo, tante sono pure le coppie che, faticando a connettersi veramente e profondamente e quotidianamente, pensano di risolvere questa mancanza generando un figlio; come se la fecondazione di un terzo, di un bimbo, li possa aiutare in qualche modo a connettersi veramente e a fecondare veramente il loro amore di coppia e, quindi, quel se stesso che non trova in quell'amore la connessione e la fecondazione che vorrebbe, ancora una volta per sé.
Ma anche un figlio, se non può essere perseguito come solo scopo della sessualità, non può nemmeno divenire lo scopo della coniugalità se non, anche in questo caso, mettendo a rischio il benessere della coppia e, peggio ancora, del figlio -tante sono le separazioni che hanno alla base quest'ultimo fraintendimento: fare un figlio come estremo tentativo di fare una coppia che non c'è, che non c'è più, e che proprio l'arrivo di un figlio, a discapito di tutte le pur buone intenzioni, finisce per palesare in ogni più cruda evidenza.
C’è dunque una sterilità della coppia che va ben oltre la sua capacità o meno di avere un'attività sessuale o di generare una nuova vita. Si tratta di una sterilità che si combatte anzitutto attraverso la capacità di generarsi e di essere fecondi nel senso molto più ampio che abbiamo cercato di descrivere, un senso per cui "fare sesso" o "fare un figlio" possono essere la conseguenza, difficilmente la premessa.
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