Un nuovo brano dall'intervista rilasciata per il blog di MediationHub, in cui, per quanto lo spazio lo conceda, si accenna all'importante gestione delle impasse e alle capacità del mediatore.
Intervistatore: In quasi tutte le mediazioni c’è un momento di impasse, tu come lo affronti?
M.S.Galli: Be’ direi che faccio molto di più che affrontarlo: lo provoco, lo cerco, lo stimolo, faccio in modo (o almeno ci provo) che le parti entrino in questa condizione di blocco, poiché proprio quel blocco è il primo segnale del cambiamento e del buon lavoro del mediatore. Il mediatore deve anzitutto spezzare l’equilibrio inadeguato che le parti hanno generato cercando di gestire la loro relazione, poiché spezzare quell’equilibrio è l’unico modo per crearne uno nuovo più adeguato. Il blocco, l’impasse, il non saper che fare, il silenzio, stanno a significare che quella strada che, fino a quel momento, hanno percorso da soli, a testa basta, credendo fosse l’unica possibile, ora si è interrotta. Il mediatore, con le sue tecniche, vi ha eretto un muro, uno o più ostacoli che costringono le parti a fermarsi, a tentare di superarli, di aggirarli, fino a quando, a un certo punto, se la mediazione funziona, ecco che ce la fanno: superano il muro, gli ostacoli e, guarda un po’, la gran parte delle volete ce la fanno proprio perché, superando gli ostacoli, incontrano la strada dell’Altro.
Intervistatore: Dunque, che capacità dovrebbe possedere un Mediatore?
M.S.Galli: È una domanda che meriterebbe molto più spazio di quanto non abbiamo. Facciamo così, le elenco senza spiegarle e ognuno le legga come crede. Allora, a mio avviso, il mediatore deve essere, anzitutto, un operatore logico-creativo, capace di dare ordine alla confusività che regna nella testa delle parti e di stimolare opzioni alternative a quelle improduttive che li hanno condotti fino lì. Poi deve essere un fingitore: sia in quanto attore, sia inteso come colui che trasforma. Quindi deve essere, almeno nel suo studio, il più irriducibile dei relativisti. Infine, deve osare, deve provocare l’utopia e, giocare e saper sbagliare e, per farlo, deve anzitutto sbarazzarsi di qualsivoglia trucco o appendice che favorisca le sue sicurezze.
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